Ricostruzioni dei due carri principeschi

Antiquarium

I Principes bronzei furono rinvenuti nell'aprile del 1812 nei pressi di Castel San Mariano, noti nell’ambiente scientifico come Streitwagen, il primo dei due carri da guerra è datato al 530-520 a.C. Le vicissitudini dei frammenti rinvenuti nello scavo del 1812, narrate da Höckmann nel 1982, sono riportate attentamente dal recente studio di Mafalda Cipollini del 2011 che offre un’approfondita ricostruzione dei due esemplari bronzei etruschi. Le articolate vicissitudini che videro protagonisti i materiali del rinvenimento del 1812 attestano la grande dispersione subita dal complesso e dalle componenti dei due Princeps bronzei.

Al momento della scoperta archeologica, Giovanni Battista Vermiglioli, direttore del museo dell’Università di Perugia, non riuscì a impedire che attraverso il mercato antiquario più di un terzo dei materiali finisse smembrato, senza logica, nei musei d’Europa. Al Museo di Perugia giunsero circa 190 tra pezzi e frammenti. Delle restanti parti si appropriò il mercante d’arte Luigi Vescovali, intervenuto al momento della scoperta, facendoli restaurare: tali restauri ottocenteschi dei pezzi finirono a Monaco tra il 1966 e il 1972. Alcuni pezzi vennero, invece, venduti al collezionista irlandese Edward Dodwell, che ne trasse dei calchi, ipoteticamente, per la collezione di Leopoldo II al Palazzo Crocetta di Firenze. Nel 1825 Francesco Inghirami pubblicò disegni, forse presi dai calchi di Firenze o dai bronzi Dodwell che tra il 1821 e 1826 erano transitati per Firenze.

Ma, prima del 1815, Vescovali aveva venduto, probabilmente a Roma, altri pezzi che sarebbero poi finiti a Londra e a Parigi e al numismatico James Millingen passando poi alla collezione di Richard Payne Knight e, nel 1824, al British Museum. Due frammenti finirono al Thorvaldsens Museum di Copenhagen: lo scultore danese, a Roma fino al 1841, era potuto entrare in contatto con Vermiglioli). Ancora Dodwell, nel 1820, rinunciando a cedere i suoi bronzi al British Museum a causa dell’alto costo doganale, li vendette quasi tutti al principe Ludwig di Baviera, con l’intermediazione dello scultore Martin von Wagner, agente d’arte di Ludwig a Roma. Nel 1828 tale gruppo di oggetti entrò a far parte delle Staatliche Antikensammlungen di Monaco. Tra 1827 e 1829 una statuetta della collezione Dodwell finì nella collezione di Wilhelm von Dorow, e di lì nel 1831 agli Staatliche Museen di Berlino.

Nel 1819, un’altra statuetta fu individuata in Francia nella collezione di Charles-Philippe Campion de Tersan, passando poi in quella di Edme-Antoine Durand e finendo al Louvre nel 1825. Un’altra ancora, passata nella collezione Narcisse Révil, fu acquistata nel 1835 dalla Bibliothèque Nationale di Parigi. Nel 1837, gli eredi di Dodwell vendettero i rimanenti bronzi, insieme ad altre antichità, all’Istituto di Corrispondenza Archeologica di Roma: l’elenco fu redatto dal segretario generale dell’Istituto, e inviato prussiano in Vaticano, Christian Karl Josias von Bunsen. Von Wagner fece una perizia accludendo i disegni di Dodwell, finiti in seguito poi British Library di Londra). Nel 1939, tutti i pezzi antichi furono acquistati da Ludwig I per il Museo di Monaco. Due frammenti della collezione Dodwell finirono in quella di Carolina Bonaparte, arrivati a Monaco, nel 1841.

Nel 1848 la Bibliothèque Nationale di Parigi acquisì una lamina, con provenienza “dai dintorni di Foligno”, ma che corrisponde totalmente con uno dei pezzi di Perugia. Il pezzo più famoso è il carpentum, variamente datato tra il 580 e il 560 a.C., composto da quattro ruote, doppio timone e una bassa sponda ricurva con teoria di animali sul davanti. Fra le ipotesi ricostruttive, si riferisce al fianco del telaio la lamina con cervo assalito da leoni, sul foro della quale è innestata una piccola protome di leone in bronzo fuso. Alcune parti rappresentano divinità e figure mitologiche, variamente attribuite dalla letteratura agli spigoli di una cassa o sarcofago (minotauri, 540 a.C.) o allo schienale di un sedile dove sono raffigurati una figura femminile e un arciere, identificabili con Chimera e Hermes. Il rivestimento di uno dei due carri è costituito da un unico parapetto, decorato probabilmente con l’episodio di Eracle e le amazzoni; la lamina non conserva più la piegatura originale che formava le sponde; due frammenti sono perduti. 

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