Giacomo Villa e il Beato Matteo Lazzari

Museo Civico e Diocesano di Santa Maria dei Servi

Giovanni Antonio Mazzuoli, XVIII sec.
stucco

 
Appartenente alla famiglia di stuccatori e scalpellini, Giovanni Antonio Mazzuoli nacque a Siena nel 1640. Al 1663 risulta già sposato con Lucia, morta nel 1669; seguirono l’anno successivo le nozze con Antonia Galli, con la quale ebbe molti figli. Tra di essi Bartolomeo e Giovanni Maria. L’Opera del duomo di Siena, a lui come al fratello minore Agostino, scalpellino anch’egli, dette quasi ininterrotto impiego nel rinnovamento barocco degli altari. Tra le numerose opere realizzate da Giovanni Antonio, il monumento funebre per Antonio Rospigliosi in S. Vigilio (1658); la statua di S. Tommaso di Villanova nella chiesa di S. Martino (1684); l’altare per la chiesa di S. Antonio alle Murella, nella contrada della Tartuca (1686); il Transito di s. Benedetto (1693), ora in S. Cristoforo, i due Angeli per l’altare maggiore della chiesa di S. Agostino; un Angelo sopra la porta maggiore del duomo, oltre a una produzione fuori Siena, tra cui l’altare maggiore per il duomo di Grosseto (1708).

L’opera in stucco realizzata per Città della Pieve celebra il beato locale Giacomo Villa l’Elemosiniere vissuto nella seconda metà del sec. XIII. Dopo gli studi di diritto a Siena, ove conobbe i Servi di Maria e collaborò con loro nel servizio presso l’ospedale di Santa Maria della Scala, Giacomo Villa tornò in patria e, ordinato sacerdote, riedificò, donando tutti i suoi beni, un ospedale fuori porta del Vecciano. Le lotte per l’autonomia tra Chiusi, il dipendente Castel della Pieve e Perugia però complicarono la vicenda: sottoposto alla giurisdizione del vescovo di Chiusi che esigeva pesanti censi annui, l’ospedale decadde e il giovane Giacomo Villa portò avanti un’aspra battaglia giudiziaria per rivendicare libertà e autonomia dell’istituzione. Dopo un colloquio chiarificatore con il vescovo di Chiusi, sulla via del ritorno il sacerdote fu assalito da sicari e ucciso: era il 15 gennaio 1304. Il suo corpo, ritrovato casualmente da pastori e conteso tra Chiusi e Castel della Pieve, fu affidato – dice la leggenda – ad un carro di buoi, che si diressero a Castel della Pieve, mostrando così anche l’avallo del “cielo” alla volontà di autonomia della cittadina subalterna.

Passando per Castel della Pieve, papa Benedetto XI, che fuggiva da Roma in preda alle fazioni per ritirarsi nella più quieta Perugia, sentendo narrare la triste storia di Giacomo Villa, lo definì il “santo elemosiniere”. Questo appellativo, dato da un papa poi proclamato beato, parve una sorta di beatificazione equipollente, che spinse i pievesi ad onorare ancor più il loro eroe. S’ebbe anche una “elevazione” delle sue spoglie,che nel 1687, essendo fatiscente l’oratorio del Vecciano, furono trasferite in cattedrale, per essere poi, l’11 luglio 1717, riportate nella nuova chiesa e deposte in un’urna sopra l’altar maggiore. Nel 1807 fu riconosciuta la legittimità del culto ab immemorabili e si concesse alla città l’ufficiatura richiesta, che fu estesa successivamente anche ai Servi di Maria e ai Frati Minori, appartenendo Giacomo Villa contemporaneamente ai due Terz’Ordini. Conosciuto e onorato come “martire della giustizia”, per due volte è stato proposto come patrono degli avvocati d’Italia. 

 

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